La scomparsa di Lucio Cordeddu Revisore della Fondazione.
Con la stessa riservatezza con la quale ha sempre vissuto, ieri ci ha lasciato lo stimato Lucio Cordeddu, Revisore unico della nostra associazione ma soprattutto motore propulsivo della Fondazione in cui ci siamo trasformati qualche anno fa.
Parlare del Professore non può essere banale o di circostanza perché parlare di Lucio Cordeddu, decano dei Commercialisti cagliaritani, ci impone di rievocare la profonda stima riposta in lui prima ancora di decantarne le doti professionali.
Lucio Cordeddu è stato un grande professionista e tutti ne ricordano la figura con toni di rimpianto, soprattutto per il miracolo fatto a fine anni Ottanta quando contribuì a salvare il Cagliari calcio da una fine ingloriosa e di sicuro fallimento.
Dionisio Mascia, sulle colonne del quotidiano locale lo ricorda come un «gentiluomo di ferro» e credo che questa icona sia perfetta per descrivere Lucio: professionista integerrimo e inossidabile. Quando prendeva a cuore una situazione per lui contavano il rigore, gli obiettivi ed i risultati che dovevano quadrare con il rispetto etico fondato su principi di altri tempi.
Per questa ragione aveva da subito sposato la scelta di trasformarci in una fondazione priva di alcun fine di profitto e destinata (soprattutto se ben amministrata) a rendere servizi di interesse pubblico evidenti e tangibili.
«Vedi – mi diceva durante uno dei tanti incontri nello studio di via Rossini – se avete scelto di rendere un servizio alla collettività dovete spogliarvi da qualsiasi ambizione imprenditoriale privata. Quando si amministrano denari pubblici bisogna ricordare che non diventano mai patrimonio personale e pertanto vanno spesi con rispetto e attenzione. Se non condivi questo principio, dedicati ad altro…»
Per Lucio questo elemento non era negoziabile: se scegli di dedicarti agli altri devi essere pronto anche a metterti la mano in tasca per pagare quanto utilizzi di materiale o immateriale. Ecco perché i valori che ci ha trasmesso rappresentano la concreta eredità assieme alla serenità di giudizio che ci caratterizza oggi.
Ricordo infatti che, quando a causa di personali dissidi professionali, mi suggerì di «non valutare le persone solo per il cervello che sanno di non avere ma se vergognano (mi disse proprio così) e lascia che sia il tempo ad esprimere giudizi ed emettere sentenze».
Anche per quegli specifici episodi aveva ragione lui. Le
canaglie di quell’epoca hanno ricevuto il conto per la loro insipienza e malvagità.
Ed ancora dovranno pagare sulla terra, agli uomini e alla volontà divina.
A riprova che il tempo sa essere gentiluomo per davvero.
Forse mai quanto lui che ha lasciato questa terra. Ma che resterà per sempre nel nostro ricordo e soprattutto nel nostro cuore.
Gianfranco Lai
a nome di tutti i componenti della Fondazione Leonardo.