Il nostro impegno contro la «pirateria» formativa


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«Si vis pacem para bellum», «se vuoi la pace preparati alla guerra», ci insegna la storia. E mai come in questi ultimi tempi assistiamo a una serie di aggressioni avanzate nell’ambito della Formazione Professionale, che a tutto mirano fuorché a perseguire l’innalzamento e la qualificazione dei sardi.

Richiamandoci all’antica locuzione latina, abbiamo deciso perciò di scendere in campo, mettendoci la faccia e tutta la grinta confermata in oltre 20  anni di attività.

Circolano infatti,  in vari comuni dell’isola,  numerose proposte per il conseguimento di qualifiche obsolete o nettamente al di fuori del naturale percorso di apprendimento previsto dalla Regione Sardegna, unico organismo deputato a vigilare sui percorsi di formazione professionale e sui titoli che da essi conseguono.

Titoli – è bene sottolinearlo – accettati nell’ambito regionale, nazionale e comunitario perché  scaturiscono dal rispetto di precisi indirizzi normativi o da leggi di settore e quindi comportano obblighi da parte del soggetto erogatore (le Agenzie formative inserite nel Sistema di accreditamento regionale) e da parte degli utenti (obbligati alla frequenza dei corsi e impossibilitati ad assentarsi dalla partecipazione alle lezioni, in percentuali variabili a seconda della qualifica da conseguire).

Non va taciuto poi che vi sono altre forme di innalzamento delle competenze, per lo più legate alla cosiddetta “formazione continua”, ai Master,  a modelli di somministrazione  didattica particolare (tra cui la FAD) ma questo è tutto un altro discorso, poiché rientra in percorsi di aggiornamento di altra natura e genere.

Nella sostanza, invece, la Regione Sardegna, attraverso le Agenzie formative, autorizza (con avvisi pubblici) lo svolgimento di corsi di formazione professionale a finanziamento regionale o comunitario (e quindi interamente pagati dalle casse pubbliche), oppure autorizza l’erogazione di interventi di qualifica in regime di “autofinanziamento”: vale a dire una formula mista di regole pubbliche e private. L’autorizzazione viene cioè concessa dall’Assessorato del Lavoro e Formazione Professionale dopo aver verificato la coerenza progettuale, che consente poi agli uffici preposti la costante vigilanza sullo svolgimento del percorso didattico e l’ insediamento della Commissione pubblica per gli esami. Si lascia alle parti private (agenzia formativa e utenti) solo il diritto di stabilire un corrispettivo finanziario per la partecipazione alla specifica proposta, e la parte finanziaria esula dalla vigilanza dell’ufficio di controllo poiché non vengono utilizzati e spesi fondi pubblici.

L’Assessorato periodicamente aggiorna con evidenza pubblica l’elenco di questi corsi “liberi” e di  fatto ne conferma la legittimità sostanziale. Solo i corsi inseriti nell’elenco godono dunque dei  “visti” e delle “autorizzazioni”, necessari al conseguimento della qualifica professionale e quindi all’esercizio di specifiche professioni.

Tutto il resto che circola è pura e semplice attività commerciale. Talvolta ai limiti della legalità (che viene delegata a valutazioni molto fantasiose), in altri casi ai limiti della truffa: aspetto questo del quale sappiamo si sta occupando la Magistratura.

Nel mezzo tante proposte – diffuse con le modalità più disparate (persino in accompagnamento alle comuni e-mail che tutti quotidianamente si scambiano) originali, penose, assurde, e chi più ne ha più ne metta.

L’attuale assessore del Lavoro e numerosi organi di informazione hanno a più riprese ammonito sui pericoli cui andavano incontro coloro che troppo frettolosamente  hanno sottoscritto e sottoscrivono contratti per la partecipazione ai corsi: un fenomeno non sanabile soprattutto se alla sottoscrizione di adesione al corso  viene accompagnata la firma di un impegno finanziario. Evidentemente, ciò non è bastato e non basta per evitare le delusioni postume  denunciate da tantissime persone per le quali l’agognato «pezzo di carta» è divenuto un inutile complemento d’arredo.

Ecco perché da oggi iniziamo una campagna "forte" di comunicazione e di richiamo all’attenzione sul tema della legittimità e della validità delle qualifiche promesse come "premio" finale di percorsi lautamente pagati da corsisti quantomeno imprevidenti.

Anche perché la Regione Sardegna assicura la massima vigilanza sulla materia ma non può impedire, con azioni coercitive, proposte inserite sul libero mercato.

Nessuno può infatti vietare alla signora Maria di Voghera di proporre corsi di cucina sarda nell’isola: basta che sia in regola con le disposizioni camerali, fiscali e previdenziali e può farlo.  Diversa cosa è il riconoscimento della qualifica di chef (magari con la specializzazione in manicaretti nostrani). La signora Maria questo non può farlo, fintanto che non riceve le dovute autorizzazioni dall’organo di controllo regionale della Sardegna, e ben poco ha da millantare le eventuali autorizzazioni della Regione Lombardia a supporto della validità della sua proposta perché, per rendere valido il titolo, dovrebbe quantomeno aver ricevuto dalla sua Regione un’autorizzazione precisa ad agire in altro territorio nazionale: aspetto non verosimile perché verrebbe a mancare il presupposto della vigilanza sulla corretta gestione del corso, consentita solo – per ragioni normative – alla Regione Sardegna.

Certo, potrebbe proporre  di sostenere l’esame nella sua Regione d’origine, ma –  e c’è sempre un ma – con quali garanzie di “spendibilità” del titolo, e con quali costi a carico dei partecipanti?

Concludendo, è quantomeno saggio e previdente chi si informa contattando l’URP dell’Assessorato del Lavoro della Regione Sardegna (070 6067038), e chi approfondisce l'argomento consultando alla fonte procedure e normative (per esempio sulle pagine di www.regionesardegna.it dedicate alla presentazione di progetti per i corsi liberi autofinanziati per il conseguimento delle qualifiche professionali).

Ne beneficerà sicuramente il sistema nervoso e l’autostima di tutti gli aspiranti, ma altrettanto sicuramente ne trarrà vantaggio il portafoglio di coloro che inseguono illusioni difficilmente realizzabili.


Riteniamo di fare cosa utile riportando in calce a questo articolo una serie di link alla normativa ripresi dal sito della Regione Sardegna, non sempre di facile consultazione, e un articolo di Luciano Piras dalla Nuova Sardegna di oggi, dal quale riemergono ancora una volta le perplessità sui corsi di qualifica per Operatore Socio Sanitario proposti al di fuori dell’ordinamento regionale.

La Nuova Sardegna

16 giugno 2012

IL CONCORSO PER OPERATORI SOCIO-SANITARI

Nell'isola i corsi per aspiranti Oss

La Regione decisa a evitare costose trasferte ai 9 mila candidati

di Luciano Piras

CAGLIARI. Duemila posti a disposizione (inizialmente erano 1200), sessantamila domande presentate da novemila sardi aspiranti operatori socio-sanitari, gli ausiliari della sanità. Una mole di lavoro senza precedenti, per gli uffici regionali chiamati a esaminare le richieste una per una e a preparare le graduatorie per l’accesso ai nuovi corsi di formazione per Oss. Un elenco interminabile di nomi e cognomi, di giovani e meno giovani, di disoccupati e non.
Eppure, nonostante i funzionari dell’assessorato regionale del Lavoro siano appena riusciti a pubblicare la graduatoria provvisoria (gli interessati possono consultare le posizioni sul sito internet della Regione), il caso Oss resta ancora in bilico. Tanto che la questione Sardegna è diventata una questione nazionale.
Sollevata dall’assessore Antonello Liori davanti alla conferenza Stato-Regioni. «Il grosso problema è questo: la pirateria» sintetizza il medico desulese titolare del Lavoro nella giunta Cappellacci. «La pirateria di certe agenzie formative – spiega – che profittando di tanta povera gente che ha fame di lavoro organizzano corsi di formazione (a pagamento) non autorizzati in altre regioni, nonostante la stessa formazione sia oggetto di programmazione». È per questo che Liori si è battuto a Roma, tanto da ottenere una direttiva concorde: «Nessuno può fare corsi di formazione per Oss senza l’autorizzazione dell’assessorato di provenienza dell’eventuale allievo». Ma non basta.
Sapendo bene, l’assessore Liori, che numerose agenzie aggirano comunque l’ostacolo (dopo quelli in Toscana e in Emilia Romagna, ora spuntano persino corsi organizzati in Lombardia), la Sardegna alza la voce: «O questa situazione di anarchia viene fermata definitivamente, oppure anche in Sardegna diamo il via libera ai corsi autofinanziati».
Così, se Roma ha già deciso di «istituire un gruppo tecnico che definisca modalità di intervento comuni per arginare il fenomeno, che peraltro ha anche un carattere speculativo», Cagliari va ben oltre e taglia la testa al toro aprendo alla possibilità di organizzare corsi di formazione a pagamento direttamente nell’isola, alla luce del sole, senza costringere nessuno alle trasferte dalla speranza, e soprattutto mettendo gli allievi fin da subito davanti alla realtà: sborsare soldi di tasca propria per poi tentare l’ingresso (a proprio rischio e pericolo) nel mercato del lavoro.
«Oggi invece molti dei nostri aspiranti Oss – continua l’assessore Antonello Liori – vengono presi letteralmente in giro». Il fabbisogno sardo di operatori socio-sanitari, infatti, non è tale da poter garantire un’occupazione «a migliaia e migliaia di persone – assicura Liori –, non è proprio possibile. Dire diversamente significherebbe prendere in giro le persone. La verità è che in Sardegna in molti rischiano di non trovare un posto di lavoro, di restare con un titolo senza alcun valore». Ossia: con un pugno di mosche in mano.


Normativa di riferimento:

Acconciatore:

Bonifica amianto:

Insegnanti e istruttori di autoscuola:

Addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico (buttafuori):

Estetista:

Operatore socio sanitario:

Revisione veicoli a motore:

Gestione rifiuti:

Somministrazione alimenti e bevande:

Note:
le qualifiche professionali devono essere già riconosciute in ambito regionale e/o nazionale.

Allegati:

Procedimenti collegati:


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